venerdì 19 aprile 2013

Intervista a Nicole Di Gioacchino, tra Sinatra e Led Zeppelin


Nasce a Roma, vive a Londra e sogna Broadway, ama Frank Sinatra e i Led Zeppelin, la perfezione del canto lirico e il suono polveroso e sporco del blues, cresce ascoltando il jazz e il soul di Etta James e Billie Holiday, ma quando sale sul palco con la sua band canta Springsteen, Janis Joplin e i Guns N’Roses. Tutto questo è Nicole di Gioacchino, cantante e vocalist romana di nascita, londinese di adozione e viaggiatrice per vocazione, 20 anni, una voce esplosiva che copre tre ottave e una carriera iniziata prestissimo, con le lezioni di canto prese da piccolissima, e scandita da diverse collaborazioni illustri nell’ambiente della musica italiana e dello spettacolo, l’ingresso nel coro pop-gospel SAT&B e infine i musical, vero amore di Nicole che anno dopo anno si trasforma prima in un sogno e poi in realtà: a 16 anni è tra le protagoniste di “’68 italian rock musical” e a 17 partecipando come soprano ai cori dell’opera di Michele Guardì “I promessi sposi”. E poi ancora due band e un duo blues all’attivo, partecipazioni a concerti-evento e festival,  insomma, una carriera da fare già invidia e un futuro che si prospetta più che roseo...

Il 2013 è l’anno del debutto ufficiale di Nicole, verrà pubblicato infatti il suo primo singolo, prodotto dal DJ e producer irlandese Des Mallon, e allora andiamo a conoscerla meglio!

d: Ciao Nicole, cominciamo dal principio, hai cominciato ad avvicinarti alla musica e alla canzone da molto piccola, come è nata questa tua passione per la musica e per il canto?

R: Ciao! In realtà è una domanda che incuriosisce me per prima: non ho mai saputo rispondere con una motivazione reale, è come se fosse nato tutto in modo molto naturale. Sapevo di avere un legame particolare con questa Forma Suprema di comunicazione. Ero molto diversa da come sono ora, ero la timidezza fatta bambina ed ogni giorno lo passavo con il “porgi l’altra guancia”, parlavo poco. Dall’asilo alle scuole superiori ho avuto una mutazione quasi totale direi, grazie alle esperienze di cui avremo modo di parlare più avanti, se non fosse per la costante frase degli insegnanti ai miei genitori: “E’ come se Nicole fosse su un altro pianeta. C’è, ma è come se stesse da un’altra parte e glielo leggi negli occhi”. Era vero: la maggior parte delle volte pensavo alle partiture da studiare per il pomeriggio stesso per la scuola di musica, la band, lo show, a seconda dell’anno in cui mi veniva detto. A 4 anni sono andata da mia mamma e le ho detto “Voglio studiare canto mamma, voglio essere Christine” (Avevo appena visto The Phantom Of The Opera a New York). E loro mi hanno lasciata fare.

d: Tra le tue fonti di ispirazione si possono leggere grandissimi nomi, tra i quali Frank Sinatra, Janis Joplin, Etta James e i Led Zeppelin, insomma, il tuo iPod dev'essere un bel casino! Come si amalgamano le influenze di artisti di generi tanto distanti? Cosa ha in comune la Nicole che ascolta gli Zep con quella che ascolta Sinatra?

R: Il mio iPod E’ un vero e proprio casino! Credo che il merito di avere tante influenze diverse sia prima di tutto dei miei genitori. Mia madre è un’appassionata di Frank Sinatra, di tutto quello che ha a che fare con lo swing, ma anche della Whitney degli anni ’80, essendo cresciuta con lei. (Mia madre è più giovane di me!). Gli Zeppelin e Springsteen invece mi ricordano mio padre, le volte che salivo in macchina e avevamo i loro CD ad libitum. Nicole che ascolta Frank è la stessa che ascolta gli Zep perché è lì che sarò sempre bambina: sono quelle cose che mi faranno sempre ricordare come ho cominciato, l’importanza di tornare sempre a casa e che non sono poi così distante da quello che ero, perché per me il momento più bello della giornata era sempre quello in cui dovevo andare a lezione di canto. E poi vogliamo parlare dell’assoluta grandezza del blues…?

d: Oltre alla musica nella tua vita c'è un'altra costante, il viaggio, quanto conta per te viaggiare e quale impatto ha il viaggio sulla tua esperienza musicale e artistica?

R: Il viaggio per me rappresenta la completezza dell’essere. Puoi essere chiunque, puoi fare qualunque cosa, ma se non hai viaggiato hai meno di uno che lo fa. Sarà che io da quando sono nata ogni 5-6 mesi ho una destinazione di viaggio diversa, sia perché fortunatamente abbiamo avuto le possibilità di farlo, sia perché siamo tutti super patiti di viaggi in famiglia. Mio nonno, scomparso non molti anni fa, era un fotografo della compagnia americana Associated Press (le sue foto erano sul Messaggero negli anni ’70, ’80 e ’90) e grazie a quel lavoro ha potuto girare il mondo, a volte anche accanto a Papa Wojtyla. Mia madre si faceva raccontare le storie di quei paesi, dall’India al Messico, agli Stati Uniti, all’Africa, e ne restava affascinata, come accadeva a me poi non moltissimi anni dopo. Rubavo le cartelle che mio nonno teneva nel suo stanzino e sbirciavo tutte le foto fatte in giro per il mondo. Lui è lo stesso che poi mi ha insegnato tutto quello che so sulla fotografia,  mia altra supergigante passione. Proprio perché amo viaggiare ho seguito le orme di mia madre, che a 18 anni è andata a vivere a Brighton (qualche anno dopo è tornata e ha avuto me) e sono venuta a vivere a Londra. Ma non so per quanto, visto che ho già in mente una prossima meta…

d: A sei anni duetti con i Pooh, a 12 affianchi i Negramaro e Mariella Nava, a 14 lavori con Teddy Reno e a 19 ricevi i complimenti di Leon Hendrix per la tua esecuzione di "Whole Lotta Love" al "Rock city" di Roma. Quali sono le sensazioni del lavorare fianco a fianco con artisti come questi e di incontrare un vero e proprio mito come Leon? In futuro, con chi vorresti duettare?

R: Le sensazioni a volte sono indescrivibili e vorresti che non finisse mai. Ma ho tanta, tantissima strada da fare e sono un tipo che sogna decisamente in grande. Tutti dicono sempre “Io non sarò mai uno di quelli”. Io invece a volte penso il contrario: “E se fossi io uno di quelli?”. Questo è il mantra che mi ha fatto lottare contro bocciature, falsi amici, colleghi capaci e non, serpi e cattive compagnie. Quando sai fare qualcosa ti vogliono buttare giù, vederti realizzata sarebbe lo specchio del loro fallimento, ma questa è un’altra storia. Insomma, non sono un tipo che si perde d’animo e alcune di queste collaborazioni le ho ottenute per pura fortuna, altre grazie alla mia determinazione.

A 14 anni volevo tatuarmi il logo degli Aerosmith sulla schiena. Una cosa tamarrissima, ma quello che volevo (e che sotto sotto ancora bramo) era SOLAMENTE fare un paio di canzoncine con il signor Steven Tyler! Ma scherzi a parte, purtroppo quelli con cui mi sarebbe piaciuto cantare non sono più nel mondo dei vivi e quelli che rimpiango più in assoluto sono Etta, Janis e Frank. Anche se Steven Tyler e Robert Plant sono ancora vivi, e forse posso rifarmi con l’erede, magari esce qualcosa con Michael Bublé, non si può mai sapere :)

d: Collaborazioni importanti, due rock band e un duo blues all'attivo, e infine i musical, prima il "'68 italian rock musical", poi "I promessi sposi", quando e come hai cominciato ad appassionarti ai musical? Quanto è lontano Broadway?

R: Sinceramente? Il musical è stata la cosa più inaspettata che potessi trovare nel mio percorso artistico!

Ne ho visti diversi a Broadway e poi qui a Londra sin da piccola, ma non avrei mai pensato di poter affrontare una preparazione per poter un giorno essere una performer. Avendo studiato con noti nomi del vocal coaching nel musical italiano come Gabriella Scalise, e pochi anni dopo con Francesco di Nicola, ho conosciuto aspetti tecnici della formazione fisica del mio apparato vocale, che mi hanno aiutato a perfezionare il suono e la voce stessa. Poi grazie a ’68 Italian Rock Musical, scritto e prodotto da alcuni dei nomi più influenti a livello di vocal coach, performers, attori e insegnanti come Maria Grazia Fontana, Attilio Fontana, Luca Velletri, Giulio Costa, Michela Andreozzi e Orazio Caiti, ho potuto portare questi studi sul campo stesso. Non smetterò mai di ringraziare questi nomi, uno ad uno, perché mi hanno resa una persona diversa, finalmente consapevole del dono che potevo portare con me stessa, ma consapevole anche del sacrificio che avrei dovuto fare per portarlo avanti. Avevo 16 anni e la mattina dopo lo spettacolo dovevo sempre ritornare a scuola, ed era ogni giorno una lotta perché nessuno capiva che la musica può essere (ed è a tutti gli effetti) un lavoro. E quelli erano gli anni in cui il mio ego cominciava ad essere un po’ più grande delle mie paure, gli anni in cui ho tirato fuori me stessa al 100% perché la musica è l’unica cosa che sapevo fare e volevo fare.

Un lavoro tosto, duro, che non ti lascia mai alcuna certezza se non quella per la quale hai cominciato, ovvero l’amore per la musica stessa. E’ solo l’amore che ti porta avanti, sempre e solo quello.

d: A 18 anni hai partecipato a X-Factor, e devo dire che è quantomeno raro vedere qualcuno con una formazione artistica come la tua partecipare ad un talent, programmi che per definizione tendono a prediligere il pop, come mai questa scelta? Che tipo di esperienza è stata?

R: X-Factor mi ha fatto capire tante cose, ma una più di tutte: quello che non voglio nella mia vita.

Io sono quella che sogna Broadway e Hollywood insieme, il glam, i glitter, oro, sono egocentrica a volte da far schifo, un po’ strana e mentire è l’ultima cosa che so fare. Però ci ho provato, mi sono detta “magari funziona”. E fino ad un certo punto è stato così. Poi per motivi apparentemente incompresi all’inizio, ma poi per fortuna capiti da chiunque abbia un livello di conoscenza musicale decente, non ho potuto continuare il mio percorso. Ci sono rimasta male, non poco inizialmente, ma aldilà di tutto ho conosciuto amici con cui ancora adesso ho un ottimo rapporto e quello a cui sono più vicina è Landon Gadoci, un biondino texano che qualche anni fa ha cominciato a fare video su YouTube, accumulando milioni di visualizzazioni. Ha una vocalità da brivido e con lui ho collaborato anche recentemente in un mash up che si può trovare sui nostri rispettivi canali di YouTube (http://youtube.com/nicoleofficialtube – http://youtube.com/gadoci). Lui da Austin spesso viene in Italia e io sto pianificando di andare fra non molto in Texas, facciamo serate e sessioni di studio di registrazione insieme. E’ un grande amico ed un grandissimo artista, ci stimiamo a vicenda e abbiamo un’affinità musicale che ho potuto trovare con pochissimi altri artisti, sempre miei grandissimi amici.

d: Progetti per il futuro? Sogni nel cassetto?

R: Bella domanda, ma il pentolone qui ribolle di novità! Da quando sono a Londra ho cercato subito lavoro per stabilizzarmi, ma ho ricevuto da poco una notizia mega-super-gigantemente meravigliosa: sono stata presa nel coro gospel londinese Urban Voices Collective, fresco di Cerimonia di Chiusura alle Olimpiadi 2012 in duetto con i Muse, e soprattutto appena usciti dagli Abbey Road Studios per il loro EP. Non vedo l’ora di cominciare a lavorare perché sono super entusiasta! Nel frattempo continuo a lavorare sul mio singolo prodotto dall’irlandese Des Mallon, in uscita nei prossimi mesi con distribuzione mondiale e su iTunes.

Da quando vivo qui non so mai cosa farò il giorno dopo, e mi piace così. Ho sempre i miei sogni e me li tengo stretti, ma lavoro perché prima o poi diventino realtà, e tra questi c’è un contratto con una grossa etichetta discografica. Come ho detto, sono quella da Broadway e Hollywood insieme… che cosa vi aspettavate? :)


Intervista pubblicata su Elfa Promotions

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